Due sconosciuti si incontrano in un bar di sera: oltre ad essere gli unici avventori sono accomunati da una cosa, stanno leggendo lo stesso libro e questo dà loro l'occasione di scambiare due parole.
Improvvisamente uno dei due inizia a raccontare… ed è una storia lunga e complessa e poiché il tempo per raccontarla tutta non è sufficiente, i due si ritrovano sera dopo sera dopo sera dopo sera… l’uomo sembra non smettere mai di raccontare, come se sentisse improvvisamente la necessità di liberarsi di quella storia.
Vi ricorda qualcosa? A me sì, e per la precisione The Rhyme of the Ancient Mariner di Coleridge.
The Wedding-Guest sat on a stone:
He cannot choose but hear;
And thus spake on that ancient man,
The bright-eyed Mariner.
OK, non è un marinaio… e non è nemmeno una festa di nozze. e, apparentemente, non è neanche la storia di un naufragio, bensì della cattura del terrorista più temuto del Sud America, dopo una lunga ed estenuante caccia all’uomo!
Ma così parte il libro di Nicholas Shakespeare, in medias res, dopo pochi convenevoli… anche se i due non sono completamente sconosciuti. O meglio, uno dei due conosce benissimo l’altro e la storia che sta per ascoltare è quella che stava cercando più di ogni altra cosa al mondo e che può salvargli la carriera. Ma allora, dov’è la somiglianza con il Marinaio? Beh, in qualche modo è la storia di un naufragio, quello di un amore.
Il personaggio di Ezequiel e la sua storia sono ispirati ad un fatto di cronaca, la cattura del terrorista peruviano Camarada Gonzalo avvenuta nel 1992. il resto, naturalmente, è fiction. Devo ammettere che il libro non mi ha catturata subito: la parte iniziale con l’inquadramento del protagonista, il giornalista Dyer, è stata un po’ faticosa, anche e soprattutto perchè l’ambientazione non è certo delle mie preferite nè delle più conosciute. Non vi è nulla di più distante dai miei interessi del Sud America, non parliamo poi del terrorismo. Il girovagare di Dyer alla ricerca di uno scoop che gli salvi la carriera non è entusiasmante e non si capisce dove va a parare fino al capitolo 2… quando entra in quel bar e, in qualche modo, ho avuto l’impressione che anche lo stile narrativo subisse una svolta: attorno ai due personaggi si forma come un’aura che fa presagire grandi sviluppi. Il dialogo fra due sconosciuti lascia il posto al racconto quando a freddo, uno dei due dice: “Did you know that we caught Ezequiel above a ballet studio?”. E così la narrazione in terza persona lascia il posto a quella in prima persona e lo sconosciuto, che ormai sappiamo essere il poliziotto Augustìn Rejas, ‘prende il posto del narratore. Da questo punto in poi l’identificazione con lui è totale e la caccia all’uomo, mescolata con le sue vicende personali ti assorbono completamente.
John Malkovich debutta alla regia proprio con un film tratto da questo libro, scritturando per lo screenplay lo stesso Shakespeare che ha adattato il suo testo a quest’impresa. A queste premesse molto positive si aggiunge che l’attore protagonista è nientepopodimeno che Javier Bardem. Eppure… è stato un po’ una delusione. Il film è statico e non riesce a rendere le sfumature introspettive del personaggio principale (mi riferisco a Rejas). Neanche la figura di Yolanda, interpretata da Laura Morante (bravissima attrice italiana) riesce a trasmettere la passione del personaggio del romanzo. E’ stato tagliato completamente il personaggio del giornalista e le vicende a lui collegate che, secondo me, come cornice iniziale ci stava anche bene, magari iniziando il film proprio dall’incontro tra il giornalista e Rejas in modo da procedere poi in flashback con le origini di Ezequiel. Peccato!
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