Un articolo del Guardian prende un po’ in giro l’autore che, nel 2011, aveva dichiarato a proposito del Booker Man Prize: “Non perderò tempo a pensare ad un premio che non posso vincere. Il Booker mi interessa quanto il campionato dei pesi massimi ed ho la stessa possibilità di vincere entrambi”... a quanto pare ha dedicato parecchie ore a pensarci visto che è al centro di questo libro.
Il fantomatico ‘Elysian Prize’ pare non essere altro che una caricatura del Booker, anche se in realtà ben si adatta a qualsiasi premio letterario importante.
La giuria vanta una campionatura abbastanza tipica della società: un politico, una giornalista, un attore, una scrittrice ed una studiosa… ciascuno dei quali svolge il suo compito di giurato tra corruzione e inettitudine sostenendo un libro per motivi tutt’altro che letterari ma dettati da esigenze personali. A quanto pare per un lettore inglese pratico di premi letterari, alcuni tratti tradiscono la somiglianza con giudici reali del Booker.
Non vengono risparmiati nemmeno gli autori, che seguiamo alle prese con il fallimento di questa esperienza (compreso il vincitore): c’è lo spocchioso pieno di sè, l’idealista, la viziosa, e anche qualche incompetente.
Siamo chiaramente di fronte ad una satira, feroce, che non risparmia niente e nessuno... tipico di Edward St Aubyn. Alcuni passaggi sono davvero spassosi, come la scrittrice che utilizza un servizio a pagamento per avere tutta una serie di frasi pronte da romanzo digitando solo una parola …. e vattelapesca anche la creatività.
Il fatto che nessuno dei giudici abbia davvero letto per intero i libri in lizza è quasi marginale, nell’insieme dei loro difetti, nel loro essere totalmente inappropriati a rivestire il ruolo che hanno. E che dire del critico/teorico che dà una interpretazione lacaniana ad un banalissimo libro di ricette, attribuendogli significati che la sua autrice nemmeno capisce?
La ciliegina sulla torta? Il libro vincitore (non vorrei rovinare la sorpresa a nessuno… ma è inevitabile dire che vince il libro sbagliato).
Il romanzo è corto e contribuisce a questo effetto l’inserimento degli incipit dei libri dei sei finalisti, ciascuno con uno stile ben definito che rispecchia la personalità dei rispettivi autori. Ovviamente di tutti il mio preferito è stato All the World’s a Stage, una sorta di mock-Shakespeare davvero spassoso… anzi, vorrei proprio che St Aubyn lo riprendesse in mano per finirlo: lo leggerei volentieri.
Infine, non è un particolare trascurabile che la società che sponsorizza il premio produca pesticidi aggressivi… ci si può leggere una metafora: la distruzione della natura riflette quella della creatività… gli artisti nascenti vengono in realtà schiacciati da un sistema aggressivo e corrotto, di cui il rinomato premio è un ottimo esempio.
BEHIND THE SCENES OF THE BOOKER MAN PRIZE: EDWARD ST AUBYN’S LOST FOR WORDS
An article in The Guardian makes fun of the author who, in 2011, had told about the Booker Man Prize: “I won’t waste my time thinking about a prize I cannot win. I’m interested in the Booker as much as in the heavyweight championship and I’ve got the same chance to win both”...it seems he spent a lot of time thinking about it since it’s the focus of this book. The mysterious ‘Elysian PRize’ is nothing but a satire of the Booker, even if it reminds any important literary prize.
The jury can boast a typical sampling of society: a politician, a journalist, an actor, a writer and a scholar… each of them does his job as a juror between corruption and ineptitude supporting a book for anything but literary reasons. Apparently, to an English reader who is familiar with literary prizes, some traits reveal a likeness with the real Booker jurors.
The writers aren’t spared either, followed while struggling with the experience (including the winner): there’s the snooty man full of himself, the idealist, the vicious woman, and also some incompetent people.
It’s clearly a satire, ferocious, sparing nothing and no one... typical of Edward St Aubyn's style. Some passages are even hilarious, like the one on the writer using an online service to get a whole series of ready-to-use literary sentences from a single word… and to hell with creativity.
The fact that none of the judges had really read the books running for the prize is quite marginal, if we look at their flaws, their being totally inappropriate in their roles. And what about the critic who gives a Lacanian interpretation to an ordinary recipe book, giving it meanings which the author herself cannot even understand?
Icing on the cake? The winning book (I won’t spoil the surprise… but it’s inevitable that the wrong book wins).
It’s a short novel and the inclusion of the incipit of the six finalists contributes to the effect: each of the ‘extracts’ has a distinctive style according to the author’s personality. My favourite is obviously All the World’s a Stage, some sort of mock-Shakespeare that is really pleasant… indeed, I really would like St Aubyn to carry it out.
Lastly, the company sponsoring the prize produces aggressive pesticides… and this is not a negligible detail… one can read it like a metaphor: the destruction of nature reflects the annihilation of creativity… where upcoming writers are actually crushed by an aggressive and corrupt system.
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