‘That’s life’ (cantava Sinatra)... tutto cambia continuamente… ed è quello che sembra volerci dire Dan Rhodes.
Comincia tutto da un sasso lanciato nel vuoto… un semplice gesto che cambia la vita ad un gruppo di persone che apparentemente non hanno nulla a che fare l’una con l’altra, ma che piano piano, mano a mano che la storia procede, ci rendiamo conto che hanno qualcosa in comune, convergono in qualche modo tutte verso uno stesso centro: il centro è uno di loro.
La protagonista è Aurélie Renard, una studentessa d’arte che dà il via a ogni cosa lanciando il famoso sasso per un non ben definito progetto scolastico del quale lei stessa non è del tutto convinta. Il progetto naufraga subito, non appena il sasso inizia la sua caduta ed è evidente che l’esito sarà rovinoso… infatti colpirà un neonato in pieno viso. Da qui in poi si dirama tutta una serie di relazioni con e tra altri personaggi che entrano in scena uno dopo l’altro (inizialmente) in una sorta di girandola… oppure un carosello. Le relazioni tra di loro sono il fulcro del racconto, il cui ritmo ne è proprio scandito e segue in qualche modo, metaforicamente, il lancio del sasso: inizialmente, infatti, come un sasso mentre sale in aria ha un moto rallentato dall’attrito dell’aria, così i personaggi e le loro vicende personali vengono presentati diffusamente e si segue lo sviluppo delle loro relazioni con Aurélie, ma una volta raggiunto un certo punto la parabola discendente vede questi rapporti farsi sempre più frenetici, in una sorta di accelerazione degli eventi, che si moltiplicano fino all’epilogo finale. Il tutto sullo sfondo di una Parigi percepita solo a tratti.
Bizzarro, improbabile, surreale… sono gli aggettivi che ricorrono maggiormente nelle recensione scritte dai lettori su Goodreads, Amazon, etc…: sì, l’effetto è quello, ma lo è volutamente, in maniera calcolata. Credo anche che molti non abbiano colto il pizzico di realismo magico che condisce un po’ tutta la storia: qualcuno criticava la velocità con cui le persone si innamorano… in realtà anche questi sono brevi momenti magici, l’incrociarsi di uno sguardo che ‘attiva’ un sortilegio.
Lo stile è piacevolmente scorrevole, ma lascia comunque spazio a riflessioni che l’autore sembra invitarci a fare: sull’arte, in primis, e sul ruolo della critica, ma anche sull'amicizia, sull’amore, sulla famiglia, sui tabù, sul pregiudizio e… beh… sulla Vita, naturalmente. Ecco… da pensare ce n’è… ma solo se uno ne ha voglia, altrimenti ci si può lasciar cullare dalla prosa leggera e dagli eventi che si susseguono a ritmo incalzante e tengono il lettore attaccato alle pagine.
Se fosse un film, sarebbe un incrocio tra America Oggi e Il favoloso mondo di Amelie: un racconto corale profondo ma leggero, serio ma spiritoso, dolce ma con un fondo amaro… e alla fine scopri che è ‘semplicemente’ una storia d’amore.
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