19 apr 2020

Greta Stoddart e la poetica dell'oscurità


Read it in English
La mia solita ritrosia di fronte alle poesie moderne (e il mio pregiudizio nei confronti di chiunque non sia Shakespeare o Neruda) stava quasi per avere la meglio e già pensavo di cambiare ricerca e procedere con Edward St Aubyn… quando mi sono imbattuta in un video su YouTube in cui Greta legge e commenta le sue poesie dalla prima raccolta, At Home In the Dark, pubblicata nel 2001. Ed ecco che è successo qualcosa… l’effetto è stato immediato: Greta mi affascina e mi conquista.
Ho sempre sostenuto che la poesia è come un’opera teatrale: bisogna vederla messa in scena, ovvero letta dal suo autore. Solo così si può capirla davvero: niente ci restituirà nella lettura solitaria l’atmosfera, il tono, le pause, la voce di colui che l’ha pensata. Non che non si possa capirla altrimenti, ma non se ne coglieranno mai tutte le sfumature. Un tono drammatico o ironico danno un valore completamente diverso ad un passaggio, stravolgendone il senso completamente... e solo chi quel passaggio l'ha scritto ne possiede le chiavi 
Così, ascolto Greta leggere le sue poesie, con la mia raccolta aperta e seguo le parole sulla pagina e guardo l’espressione dell’autrice… e improvvisamente le apprezzo... mentre ad una prima lettura avevo chiuso sbrigativamente il libro, segnandone solo un paio.
Greta legge ‘Errand’ e riesco ad immaginare la bambina che imbuca la sua lettera ed un gesto così semplice che si carica di attese, di speranze, di incertezza, di ingenuità… il tutto reso dalle sfumature della voce dell’autrice. Ed anche la cassetta della posta diventa quasi umana ed ha un ruolo nella scena. 
Prima di leggere ‘The Fitter’ Greta racconta che nella via dove viveva da ragazzina c’era un famoso tassidermista il cui negozio si chiamava ‘GET STUFFED’ e che lei era talmente affascinata da questa attività e, in particolare, dagli occhi usati per gli animali impagliati, vividi e morti al tempo stesso, che un giorno entrò per chiedere chi li facesse e le fu risposto ‘un omino nel Galles’. Quella fu la frase che ispirò questa poesia nella quale, in effetti, il tema degli occhi, dello sguardo, del vedere ed il legame della visione con la coscienza sono fondamentali.
La prima poesia della raccolta è stata interpretata come una sorta di manifesto della sua poetica, una poetica ‘nell’ombra’ perchè ambigua, incerta, dai contorni indefiniti come di chi non vede chiaramente, eppure, paradossalmente, chiarissima.
Insomma, non mi stupisco che questa raccolta abbia vinto molti premi e riconoscimenti: contiene poesie molto personali, eppure con valore universale; introspettive e al tempo stesso rivelatorie; apparentemente confuse ma in realtà rivelatorie.

Il video che ha dato il via a tutto:








GRETA STODDART AND THE POETRY OF DARKNESS
My usual reluctance towards modern poetry (as well as my prejudice against anyone who isn’t Shakespeare or Neruda) was prevailing and I was thinking of changing author and going on with Edward St Aubyn… when I came across a video on YouTube where Greta was reading and commenting poems from her first collection, At Home in the Dark, published in 2001. And suddenly something happened… the effect was immediate: Greta fascinated and conquered me. 
I have always thought that poetry is like a theatrical work: you have to see it on stage, or -in this case- read by its author. That is the only way to really understand a poem: nothing like the voice of the one who created the poem can make us feel its atmosphere, its hidden meanings. I don’t say we couldn’t understand or appreciate a poem otherwise, but we won’t catch all its shades. A dramatic or an ironic tone convey a completely different atmosphere.
So, I ended up listening to Greta reading her poems, with my book open, and following her words on the page… and, well, I liked them… it’s incredible, because when I had read them alone I ended up summarily choosing two poems that were ‘not bad’ and then closing the book. 
While Ms Stoddart is reading ‘Errand’ I can really imagine that little girl posting her letter, a simple gesture but so filled with expectations, hope, uncertainties… everything perfectly conveyed by the nuances in the author’s voice. The postbox is also a character, like the mother and the little girl, and is given a role in the scene.
Before reading ‘The Fitter’ Ms Stoddart tells that there was a famous taxidermist where she used to live, whose shop was called ‘GET STUFFED’ and she was fascinated by it. In particular, she had an obsession with the eyes used for stuffed animals, so vivid and dead at the same time. So, one day she went in the shop and asked who made them and she was told ‘a little man from Wales’. That sentence inspired her poem and indeed you can perceive the importance of the eyes, the gaze, and of seeing in general, as well as the link between seeing and consciousness.
The first poem of the collection has often been interpreted as a sort of manifesto of her poetry, a poetry ‘in the dark’ because ambiguous, uncertain, with blurred contours, typical of an impaired vision and yet, paradoxically, crystal clear.
Therefore, I am not surprised by the prizes and awards this collection received: the poems in it are very personal and yet universal, introspective but at the same time revealing; apparently confused but actually clear and revelatory.

Nessun commento:

Posta un commento