Scrittore inglese di discendenza indiana (nonni emigrati dal Punjab), non sviluppa interesse per la letteratura fino ai 18 anni, quando viene folgorato dalla lettura de I figli della mezzanotte di Rushdie… e tutto cambia. Si fa notare già al suo primo romanzo, incentrato su tematiche interculturali molto forti (il protagonista è un anglo-pakistano che ha scelto di diventare un kamikaze).
Il romanzo che ho scelto di leggere, L’anno dei fuggiaschi, esplora un anno nella vita di Tochi, Randeep, Avtar e Narindar, indiani immigrati nello Yorkshire. La storia si apre seguendo i personaggi nella loro vita quotidiana a Sheffield, per poi inserire le loro storie nel Paese di origine e le ragioni di una scelta drastica e rischiosa come quella dell’emigrazione… una scelta che li porta a venire a patti in qualche modo con le loro speranze, le loro tradizioni. Come se non bastasse, i sogni che li hanno fatti partire si infrangono contro gli scogli di una serie di eventi sfortunati che sembrano imprigionarli in una vita senza futuro. Fiducia, rispetto e dignità piano piano svaniscono e lasciano il posto a disillusione, disperazione, egoismo. E’ un libro che si interroga sul concetto di ‘umanità’ di fronte alla mancanza delle condizioni minime per una sopravvivenza dignitosa: lavoro, riparo, cibo, assistenza medica…
Pur ammettendo che il tema trattato è importante e che i personaggi sono ben delineati e le vicende che li riguardano toccano nel profondo e lo stile è molto coinvolgente… ammetto che si tratta di un’ambientazione e di tematiche molto distanti da me e dalle mie letture abituali per cui ho faticato ad arrivarne in fondo.
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