Nato a Londra, Philip Ridley è un artista eclettico: ha scritto romanzi, opere teatrali, libri per ragazzi, testi per il cinema, ed è anche regista.
Dalle sue opere, soprattutto quelle pensate per un pubblico adulto, emerge un tema ricorrente, quasi ossessivo, quello della memoria, del ricordo. In qualche modo tra il presente e il passato dei suoi personaggi c’è sempre una frattura: a volte lo sforzo per sanarla è immenso, a volte è esattamente il contrario e i personaggi sembrano fare di tutto per mantenere la distanza da qualcosa accaduto ‘prima’.
In generale, comunque, lo sguardo è sempre sfiduciato. In un certo senso mi ricorda il pessimismo cosmico leopardiano, rivisitato in chiave moderna. Lo definirei un pessimismo post-adolescenziale: come a dire, nessuno sopravvive indenne all’adolescenza.
Nella serie di racconti della raccolta Fenicotteri in orbita sembra non esistere un'adolescenza felice: tutti i suoi protagonisti sono ragazzini che devono affrontare una dura realtà, talvolta domestica, e in qualche modo ne restano più che segnati, sfregiati per il resto della loro esistenza, in una sorta di disfattismo cosmico.
In linea di principio, è un punto di vista che non condivido e che non apprezzo molto… ma lo stile con cui lo fa mi piace moltissimo. Le parole scivolano via sulla pagina con una incredibile naturalezza… e sono sempre quelle giuste, nè troppe, nè troppo poche. La frattura interiore dei personaggi, non è affatto semplice da capire… viene svelata per gradi, grazie ad una sapiente alternanza dei piani temporali: ieri, oggi, domani… si mescolano e quasi si confondono fino a consentire al lettore di completare il puzzle e farsi un’idea del quadro generale (che comunque è desolante). Ho davvero ammirato la maestria con cui riesce a fare questa operazione, che in un racconto non è così semplice. Non ci sono i tempi dilatati che offre un romanzo e i continui salti temporali rischiano di rendere il ritmo del racconto sincopato, l’andamento singhiozzante. Invece no, questa è la qualità che ho apprezzato maggiormente nello stile di Ridley.
Ma ho avuto anche la sensazione che tutto ciò che mi disturbava leggendo le sue storie, fosse lì appositamente per quello… per inquietare. Alcuni critici hanno parlato di ‘fantasie malate’... in effetti, di situazioni disturbanti ne ho trovate diverse e ce ne sono un po’ per tutti i gusti, secondo me volutamente. Ad esempio, io sono molto sensibile nei confronti degli animali e in un paio di racconti ci sono passaggi che ho davvero faticato a leggere.
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