Di Christopher Priest, noto al grande pubblico soprattutto per le sue opere fantascientifiche, ho scelto questo libro sia perchè non sono una grande amante della fantascienza (e questa storia è più verosimile di altre) sia perchè ha un’ambientazione che mi ispira: il mondo dei prestigiatori in epoca tardo-vittoriana.
Il fatto che Christopher Nolan ci abbia fatto un film e che il film in questione mi fosse piaciuto molto (mentre invece ignoravo l’esistenza del libro) hanno contribuito notevolmente alla scelta. Tra l’altro il confronto con il libro ha dimostrato le doti di Nolan come regista: è riuscito in un’impresa che avrei pensato impossibile… tante sono le implicazioni del libro. Invece, pur discostandosi dalla storia originale in diversi punti, ha reso bene l’idea di base, le atmosfere e anche i personaggi originali. Ne è una dimostrazione il fatto che Priest stesso non si sia infastidito dai cambiamenti, ma abbia sempre dichiarato di trovare la trasposizione ‘intelligente e ben congegnata’, ‘diversa in molti dettagli, ma in grado di ottenere lo stesso effetto’.
La storia ruota attorno alla rivalità tra due prestigiatori a cavallo tra Ottocento e Novecento, un’epoca in bilico tra tradizione e progresso: l’ossessione dei due li porta a superare i limiti, sotto molti punti di vista, e portare avanti una sorta di duello per generazioni, con un incredibile finale dal sapore gotico.
Come in Frankenstein la scienza sembra creare mostri: il corpo è al centro di entrambe le opere, un corpo assemblato nella Shelley; corpi come scarto e corpi riprodotti in Priest. In entrambi i casi la hybris dei protagonisti li porta a spingersi oltre i limiti dell’accettabile, per poi pentirsene e ritrovarsi a riflettere sul concetto di responsabilità.
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