27 ago 2024

'The Misogynist': diario di un misantropo domato

 


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Siamo nella mente di Geoffrey Jomier, un avvocato in pensione, divorziato e depresso che dedica il suo tempo alla registrazione e catalogazione dei suoi ricordi trasferendo il contenuto dei suoi diari sul computer. Scopo: creare una sorta di archivio della sua vita (nella speranza che riordinando e catalogando tutto si possa in qualche modo sistemare anche la sua situazione attuale) ma, soprattutto, identificare il momento esatto in cui il rapporto con sua moglie ha cominciato ad incrinarsi. Solo, triste e amareggiato, passa il tempo a riflettere e riesaminare… in un continuo arrovellarsi che rivela le sue convinzioni per lo più disfunzionali sulle donne (a cui il titolo fa riferimento), ma non solo. Geoffrey è scontroso, scorbutico… un nichilista che ha perso fiducia nell’umanità ed anche in Dio.

Mentre leggevo ho subito pensato a Krapp’s Last Tape (L’ultimo nastro di Krapp) di Beckett: il vecchio Krapp utilizza un registratore e ascolta le registrazioni vocali della sua vita mentre Jomier si affida ad una tecnologia più recente, il computer. Il parallelismo probabilmente vuole restituire l’immagine di un protagonista la cui vita è in standby. Krapp ha 69 anni ed è in attesa della morte: anche la vita di Jomier, nonostante le cene e i rari incontri con qualche amico, sembra a quel punto. Il paragone tra i due è sottile ma chiaro: anche Jomier è ‘sixty-something’ e anche la sua vita è nella fase finale (“A life like a story has a beginning, a middle and an end, and Jomier has now reached those last chapters that drive biographers to their wits’ end. Nothing happens. There is nothing to say.”). D’altronde il suo punto di vista sulla vecchiaia è lapidario: “...moved into a flat… Then to an old people’s home. Then to a hospital. Then to a coffin. Then to a grave.”

Come Krapp, trascorre il tempo a riesaminare il passato, passandolo al setaccio, rimuginando. Ogni evento raccontato  è seguito da tutta una serie di domande in qualche modo retoriche… sono i dubbi di Jomier che possono essere riassunti con: le cose potevano andare diversamente? Sembra quasi incapace di interpretare i fatti… o forse spera che siano meglio di quello che sembrano.

Il tradimento della moglie è per lui un chiodo fisso, il filtro attraverso il quale reinterpreta il passato ed anche il presente. Piers Paul Read porta alla luce con questo libro tutta una serie di temi tabù quando si parla di terza età, a partire dalla solitudine, la fatica a comprendere alcuni cambiamenti sociali o epocali, fino ad arrivare all’amore e alla sessualità… senza filtri. 

Un critico ha riassunto ironicamente il romanzo con la frase ‘diario di un vecchio bastardo’... che in effetti, ci sta. Io propenderei per ‘Diario di un misantropo domato’... nel senso che non viene guarito ma in qualche modo accetta di addomesticare i suoi impulsi autodistruttivi (non entrerò nei dettagli per non rovinare il piacere di scoprirlo leggendo il libro). Viene in qualche modo a patti con quel Dio la cui esistenza non è certa e anche con la sua vita: una volta compiuta l’opera di digitalizzazione essa perde interesse. Cosa che a Krapp non succede… il parallelo con Krapp funziona come una sorta di fantasma dickensiano, che mostra cosa potrebbe essere, ma il cui solo scopo è redimere… anche se una reale redenzione non c’è. 







THE MISOGYNIST: diary of a tamed misanthrope
We are in Geoffrey Jomier’s mind, a retired lawyer, who is divorced, depressed, and spends his time recording and cataloguing his memories by transferring the content of his diaries on a computer. Aim: creating an archive of his life (hoping that he can somehow fix his present situation) but, above all, identifying the exact moment his relationship with his wife started to crack. Alone, sad and bitter.. He spends his time reflecting and re-examining… constantly struggling with his memories and he reveals his almost dysfunctional beliefs on women (that’s what the title refers to). Geoffrey is grumpy, grouchy… a nihilist who lost faith in humanity… and God as well.
While I was reading it reminded me of Krapp’s Last Tape by Beckett: old Krapp uses a recorder and listens to the voice recordings of his life whereas Jomier relies on a more recent technology, the computer. The parallelism gives the idea of a protagonist whose life is on standby. Krapp is 69 and is already waiting for his death: Jomier’s life is at that point, too, despite the dinners and the rare meetings with friends. The comparison is subtle but evident: Jomier is ‘sixty-something’ and his life is in the final stage of his life (““A life like a story has a beginning, a middle and an end, and Jomier has now reached those last chapters that drive biographers to their wits’ end. Nothing happens. There is nothing to say.”). His point of view on old age is laconic: “...moved into a flat… Then to an old people’s home. Then to a hospital. Then to a coffin. Then to a grave.”
Like Krapp, he sieves his life… every remembered event is followed by a series of questions, almost rhetorical… these questions are Jomier’s doubts and they sound like: could things have gone differently? He seems almost unable to interpret the facts… or maybe he hopes things were better than they seem.  
His wife’s infidelity is his obsession, it’s the filter through which he interprets the past and the present. Read brings on a series of taboo issues concerning the elderly, first of all loneliness, their struggles to understand social and epochal change, and love, sexuality… without filters.
A critic ironically summarized the novel as a ‘diary of an old bastard’... which is right, but I would say ‘diary of a tamed misanthrope’... not because he’s healed but he somehow accepts to tame his self-destructive impulse (I’m not going to spoil). He somehow comes to terms with God and his ife: as soon as he completes his digitization work, he loses interest. This does not happen to Krapp… so, Krapp is like some Dickensian ghost, that shows what can happen, but whose aim is to redeem. 

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