L’interesse di D. J. Taylor per l’epoca vittoriana è evidente da questo romanzo, che assomiglia in tutto e per tutto ad un romanzo vittoriano… effetto che viene rinforzato dalle citazioni ad inizio capitolo, tutte tratte da testi dell’epoca.
Il primo capitolo è, non casualmente, introdotto da una citazione dall’autobiografia di W. P. Frith, il pittore che dipinse The Derby Day, quadro a cui è chiaramente ispirata l’opera.
Ho sempre pensato che alcuni quadri, in particolare, contenessero il potenziale per grandi storie. Ci sono diverse vicende dietro un quadro: quella del pittore, quella della realizzazione del quadro stesso, ed infine quella del soggetto, che può avere più risvolti, la storia reale di quanto raffigurato e quella immaginaria che cambia a seconda di chi lo guarda… così le storie che possono uscire da un dipinto sono infinite.
Il quadro di Frith è perfetto per questo tipo di viaggio nell’immaginazione, perchè è ricco di personaggi e situazioni diversi. Evidentemente il sig. Taylor la pensava allo stesso modo, dato che il brano in apertura riguarda proprio la varietà di temi e personaggi contenuti nel dipinto.
Esso offre un panorama completo della vita sociale vittoriana: vi compaiono tutti gli strati sociali con una particolare attenzione alle sembianze dei vari personaggi raffigurati, per rendere allo spettatore la lombrosiana distanza tra nobiltà e criminalità. Ed è proprio su questa distanza che Taylor gioca con i personaggi del suo libro, sviluppando le storie possibili dietro di loro: a sinistra presso la tenda di un club privato due elegantoni richiamano il tema del gioco d’azzardo, con una donna che tenta di distogliere il marito dal gioco. A destra un furto in atto, al centro un acrobata con il figlio e dietro a tutti le carrozze che si stanno recando alle corse su una delle quali è ben visibile una cortigiana.
Le corse dei cavalli: un grande tema vittoriano. L’aveva capito Frith a suo tempo e l’ha capito Taylor, che fa ruotare tutto attorno al Derby di Epsom, come suggerisce il titolo. Le vicende di tutti i personaggi convergono verso questo evento: è un lungo conto alla rovescia che procede fino al grande evento, dove si sciolgono tutti i nodi. Al centro di tutto un cavallo, Tiberius, che passa di mano in mano e da cui ci si aspetta molto, e che infatti vincerà la gara. Ma, come nel dipinto di Frith, il grande giorno tutti hanno grandi questioni in sospeso, che diventano più importanti della gara stessa seppure ad essa collegati. Anche nel quadro, infatti, tutti i personaggi voltano la schiena alla corsa.
Ma veniamo alla storia. L’amore di Taylor per la letteratura vittoriana emerge attraverso vistosi richiami ai maggiori romanzi dell’epoca.
Non ho potuto evitare il confronto con Jane Eyre: del romanzo della Brontee possiamo ritrovare una grande dimora in rovina (Scroop Hall) con un solitario e misterioso padrone (Mr Davenant… che ricorda in tutto e per tutto Mr Rochester), una giovane istitutrice (Miss Ellington), una ‘madwoman’ tenuta nascosta (Evie).
Inoltre, il personaggio di Rebecca è una diretta citazione da Thackeray: un personaggio così singolare da mettere soggezione al suo stesso marito.
Alcuni personaggi invece sono dickensiani: Mr Gresham, il vecchio avvocato; Mr Happerton, accanito scommettitore; loschi figuri come il Capitano Raff… e i misteri che ruotano attorno a tutti loro. Ma anche tutta la serie di personaggi minori con una storia parallela e secondaria ambientata nella Londra povera sembrano uscire dai romanzi di Dickens, in particolare Mr Pardew, che viene stanato dal suo nascondiglio francese e convinto a tornare a Londra da dove era fuggito e che si insedia, non a caso, vicino a Chancery Lane, facendo di lui uno dei personaggi più dickensiani del libro.
L’unica delusione è che i misteri creati qua e là attorno ai personaggi non vengono sciolti più di tanto dal finale, o meglio non c’è poi molto da scoprire…. come dire molto fumo poco arrosto.
D. J. Taylor’s interest in the Victorian Age is plain: this novel sounds like a Victorian classic… the impression is strengthened by the quotations at the beginning of each chapter, all from books of the time. And it’s no coincidence that the first chapter is introduced by a quotation from W. P. Frith’s autobiography. He was the artist who painted The Derby Day, the painting which inspired Taylor’s book. I’ve always thought that some paintings contain potential for great stories. There are different stories behind a painting: the painter’s, the making of the painting, and the subject’s story, which can be seen from different points of view -the real story and the one the viewer can imagine- so that the stories on a painting can be infinite. Frith’s painting is perfect for this kind of journey into imagination, because it’s rich in characters and details. Mr Taylor seems to think the same, as the quotation at the beginning of his book is on the variety of themes and characters in the painting. It gives a whole panorama of Victorian society: all social classes are here represented with particular attention to the character’s features, to give the spectator the idea of a lombrosian distance between gentry and criminality. Mr Taylor plays on the same distance, inventing stories for the characters on the painting: on the left there’s a private club with elegant men gambling, with a woman trying to distract her husband from the game; on the right there’s a theft going on; in the centre there’s an acrobat with his son and behind everything there are coaches bound for the derby, where it is possible to see a courtesan.
Horse races: a great Victorian topic. Frith had sniffed it out and so has Mr Taylor, who has made everything revolve around the Epsom Derby, as the title of the book itself suggests. The characters’ personal stories converge on that great event: the whole book is like a long countdown to the race, where the different subplots are unbound. A horse named Tiberius is at the centre of the plots being passed from hand to hand and winning the race in the end. Like in Frith’s painting, on the day of the Derby every character has some unfinished business, more important than the race itself but also in some way connected to it. In fact in the painting all the people turn their backs to the race for some reason or another.
But let’s focus on the story. Mr Taylor’s love for Victorian literature is clear from the evident references to some major novels of the time. I couldn’t avoid finding a little bit of Jane Eyre in it: a great mansion in ruin (Scroop Hall), a mysterious lonely master (Mr Davenant), a young governess (Miss Ellington), a hidden ‘madowman’ (Evie). Rebecca’s character comes directly from Thackeray. Other characters are Dickensian, like Mr Gresham, the old lawyer; Mr Happerton, relentless gambler; some shadowy figures like Captain Raff… and the mysteries around them all. There are also minor characters with parallel subplots set among the London poor who give the impression of reading Dickens every now and then: Mr Pardew, in particular, who is drawn out of his French hiding place and settles near Chancery Lane is certainly one of the most Dickensian characters in the book.
Unfortunately I was disappointed by the fact the the different mysteries surrounding the characters are not really unbound in the end, or better there isn’t much to find out…
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