22 lug 2019

Un giorno di festa: amore e morte negli anni '20


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Romanzo breve o racconto lungo, Un giorno di festa di Graham Swift racconta un unico momento all’interno della giornata dei protagonisti, ma in ogni dettaglio e da angolazioni diverse. Il lettore intuisce subito che quel momento è speciale e che sarà cruciale nella vita dei protagonisti poichè Swift lo rende universale e riesce, mentre lo descrive, ad ampliarlo fino ad abbracciare la vita stessa dei personaggi coinvolti. 
Questa è proprio una delle qualità della scrittura di Graham Swift, riuscire a rendere universali singoli eventi e riuscire a giocare con il tempo al punto da renderlo elastico e farne ciò che vuole per cui ieri, oggi e domani si intrecciano in maniera quasi impercettibile senza che quasi il lettore se ne accorga. Ed ecco come una vita può stare in un attimo e viceversa senza smettere mai di scorrere e facendo in modo che la realtà continui a procedere avviluppando i protagonisti e con loro anche il lettore. 
Ad un certo punto l’evento descritto si intreccia con un altro creando un ponte tra due epoche differenti, un ponte lungo 50 anni che vede una dei protagonisti ormai invecchiata raccontare in un’intervista quanto accaduto anni prima.
Ancora una volta Swift ci fa riflettere su quanto profondamente una vita può essere stravolta in seguito a piccole cose, scelte di un istante. E’ quello che accade ai due amanti, il rampollo della famiglia Sheringham e la cameriera dei Niven, Jane Fairchild, che, durante la Festa della Mamma del 1924, si dicono addio trasgredendo alle regole e sovvertendo i ruoli. Paul concede a Jane di entrare dall’ingresso principale e la lascia sola nella grande casa padronale permettendole di fare ciò che vuole. 
L’illusione di star leggendo una grande storia d’amore a lieto fine dura molto poco nel lettore ed è Swift stesso a toglierla, inserendo qua e là piccole frasi che fanno capire che qualcosa non andrà come ci si aspetta e prospettando risvolti tragici. Si crea quindi un’atmosfera grave che accompagna ogni gesto, ogni descrizione ed ogni battuta. E’ un’atmosfera che ho già provato leggendo Espiazione di McEwan, che in realtà è molto simile nell’impianto strutturale.
Come in Waterland, Swift inserisce nuovamente riferimenti alla fiaba nel suo testo: prende in prestito da ‘Cenerentola’ la frase “Andrai al ballo!” e la usa come epigrafe, poi rafforza questa presenza utilizzando la formula “C’era una volta” come incipit (cosa che nella traduzione italiana, “un tempo”, si perde togliendo a mio avviso un effetto importante) e richiamandola in alcuni punti chiave del romanzo (sempre tradotta in modo riduttivo e, tra l’altro, sempre con parole diverse… così da perdere definitivamente ogni legame con l’intenzione dell’autore). L’atto del raccontare storie (lo storytelling) diventa un elemento importante nella logica del libro, visto che la protagonista diventerà una scrittrice proprio in seguito all’esperienza vissuta in quel lontano 1924 nel quale, come Cenerentola, incontrò il principe nel suo castello… anche se non fu per un ballo e quella fu l’ultima volta.





MOTHERING SUNDAY
: LOVE AND DEATH IN THE TWENTIES
Short novel or long story, Graham Swift’s Mothering Sunday tells about a specific moment in the day of the protagonists, but in detail and from different points of view. The readers immediately understands that the moment is special and will be somehow crucial in the protagonists’ lives because Swift makes that moment universal and can expand it and make it a whole life long. Typical traits in Graham Swift’s style are the universality of single events as well as playing with time, making it flexible so that yesterday, today and tomorrow intertwine in almost imperceptible ways. So life can last a minute and vice-versa without stopping its course and enveloping the protagonists and the reader with them. 
At some point in the story there’s a bridge linking the gap between two events from different years: this bridge is 50 years long and at the end of it there’s an old Jane being interviewed on the events of her young life. 
Once again Mr Swift makes the reader reflect on how easily a life can be upset by little things, or small choices, in an instant. That’s exactly what happens to two lovers, the scion of the Sheringham family and the maid of the Nivens, Jane Fairchild, who say goodbye subverting the rules and the roles on Mothering Sunday, 1924. Paul lets Jane in through the front door and leaves her alone in his big manor house, so that she can do what she wants. 
The reader’s illusion of being in a love story with a happy ending is soon broken by Swift himself with small hints to some sort of tragedy looming over them. The atmosphere is burdensome:  every gesture, description, word is charged with tension. I found a similar atmosphere in McEwan’s Atonement, which in fact is very similarly structured.
Like in Waterland, there are references to the fairy-tale: Graham Swift takes from ‘Cinderella’ the sentence “You shall go to the ball!” and uses it as an epigraph, then he reinforces this presence using the formula “Once upon a time” as an incipit and then again in key moments in the story. The act of storytelling is in fact a pivotal element in the book, as the protagonist becomes a storyteller in old age thanks to the events back in 1924 when, like Cinderella, she met her prince in his castle… even if it wasn’t for a dance and that was their last time together.

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