Non ci posso credere… è un mese che non scrivo sul blog! Adempimenti di fine anno scolastico… esami… relazioni finali… rimanda, rimanda, rimanda… domani, domani, domani… ed eccomi qua a fine giugno in arretrato con il blog. Perché ho letto molto in questo periodo, tra una cosa e l’altra, ma non ho proprio trovato il tempo di sedermi a scrivere. Pazienza… sono pronta a recuperare.
Dunque… ero rimasta a Kehua, di Fay Weldon.
I Kehua sono spiriti che secondo i Maori influenzano le decisioni degli umani. Così anche in questa storia i personaggi principali sono fortemente ‘contagiati’ dalla presenza di questi spiriti. La cosa principale che mi aveva attratta verso questo libro era questo collegamento con la cultura Maori, che ho avuto modo di approfondire durante gli studi universitari, seguendo un meraviglioso corso sul racconto neozelandese. Ho sperato così di poter ritrovare alcuni degli elementi tipici della narrativa di quel Paese. In realtà, poi non ho trovato granchè delle tematiche studiate, probabilmente perché, nonostante l’infanzia in Nuova Zelanda, il punto di vista resta per lo più inglese. Un aspetto, però, l’ho ritrovato: si tratta della forte spiritualità dei Maori. I kehua (che però non avevo mai trovato prima) sono una presenza costante nel romanzo.
Le vicende narrate abbracciano più generazioni di una stessa famiglia: gli errori degli antenati ricadono sui discendenti, nel senso che c’è una tendenza a ripeterli, sia a livello conscio che inconscio. E così omicidio, adulterio e incesto tendono a riemergere, quanto meno a livello istintivo.
Un’altra particolarità di questo romanzo è che la storia è qua e là interrotta da un’altra vicenda, quella molto personale dell’autrice che, mentre scrive il romanzo, dialoga liberamente con il lettore rivelando sia le sue intenzioni, i suoi ripensamenti, che una personale interferenza con il mondo degli spiriti (reale o fittizio?). In realtà è un’operazione rischiosa, che io stessa spesso trovo fastidiosa. In questo caso, però, ho percepito questi ‘intermezzi’ come un saggio sull’arte dello scrivere, oltre che farmi sorridere del destino dei personaggi, alla mercè di questa signora alle prese con un marito apparentemente assente, un’amica molto ‘posh’ ed una serie di fantasmi Vittoriani che infestano la cantina.
KEHUA: LIVING WITH SPIRITS.
I can’t believe it! I haven’t written anything in the blog for a month. End of the school year assignments… exams… reports… delay, delay, delay… tomorrow, tomorrow, tomorrow… and here I am –end of June- behind with my blogging. Because I’ve been reading a lot, what with one thing and another, but I really haven’t found the time to sit down and write. Never mind! I’m ready to make up for lost time.
So… right from where I left off… Fay Weldon’s Kehua.
According to Maori culture Kehuas are spirits of dead people that haunt the living. So in this story the main characters are strongly influenced by the presence of these spirits. The main element that attracted me to this book was the link to Maori culture, which I studied in deep during my university years, when I followed a beautiful course on New Zealand short stories. I thought I could find some typical elements of Maori culture. Actually I couldn’t find much of what I studied, that’s probably because the point of view is English, even if Fay grew up in New Zealand. What I found is the strong Maori spirituality. The kehuas are a constant presence in the novel. The events embrace more generations of the same family: the ancestors’ mistakes fall on their descendants, in the sense that they tend to repeat the same mistakes, both on a conscious and an unconscious level. And so murder, adultery, incest tend to re-appear, at least at an instinctive level.
The main story is interrupted here and there by another story, which is more personal: it’s Fay writing the novel and having a personal dialogue with her readers, revealing her intentions and, above all, a personal experience with the world of (real or fictitious) ghosts. I usually find such interference annoying. But in this case I read them as ‘interludes’, as some sort of essay on the art of writing. The characters’ destinies, completely at the mercy of this lady with an apparently absent husband, a posh friend and a series of Victorian ghosts haunting her cellar.
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