Fay in inglese significa fata e deriva dal Middle English faie, ovvero 'un luogo o una persona dotata di qualità magiche'. Nel caso di Fay il dono magico è la capacità di narrare storie, che l’ha caratterizzata tutta la vita. Nata nel Worcestershire (in cui Worchester si pronuncia ‘Worster’… vale anche per la salsa!) ha trascorso l’infanzia in Nuova Zelanda, figlia di un dottore e di una scrittrice. E’ tornata in Inghilterra da adolescente con la madre e la sorella gemella, dopo il divorzio dei genitori. L’etichetta di ‘scrittrice femminista’ l’accompagna ovunque. Si tratta di un’etichetta a volte scomoda per lei, che le tiene lontana una parte del grande pubblico. Ma lei è fatta così e le sue figure femminili continuano a scontrarsi con la prevaricazione maschile, intrappolate in una struttura patriarcale e oppressiva, talvolta autolesioniste e spesso in fuga.
Guardando le foto non la immaginavo così ‘tosta’, anzi secondo me aveva l’aria affabile e un po’ sorniona di chi ama contornarsi di chintz. A dimostrazione che spesso l’aspetto è ingannevole.
Lo stile è quello di chi conosce bene la letteratura, procede con mano sicura e forte delle convenzioni letterarie di cui, ogni tanto, si prende anche gioco. La sua bibliografia è vasta al punto da non sapere dove cominciare: primo libro… 1967. Mi informo su ogni libro che ha scritto e mi rendo conto che tematiche, ambientazioni e personaggi sono abbastanza distanti dai miei interessi… tranne che in due casi. Si tratta di due libri che fanno suonare un campanellino. Bene. Li leggerò in ordine cronologico, visto che il secondo è proprio l’ultimo libro che ha scritto… e non svelo di più.
‘Fay’ comes from a Middle English word (faie) meaning ‘a place or person with magic qualities’. In Fay Weldon’s case the magic gift is her special ability to catch people’s attention by telling stories. She was born in Worcestershire and spent her childhood in New Zealand, daughter of a doctor and a writer. She went back to England as a girl with her mother and twin sister after her parents’ divorce. She was soon labelled a ‘feminist writer’, which is sometimes an awkward label to bear, especially when it keeps part of the general public from reading your books. But she’s like that! Her female characters keep clashing with male abuse, being trapped into a patriarchal and oppressive social structure. They are sometimes masochistic and often tend to escape uncomfortable situations. You can’t tell she’s so ‘tough’ by looking at her pictures. I thought indeed she looked like an amiable old lady who loves chintz… as proof that appearances deceive. Her style is typical of someone who knows literature well: she proceeds with a steady hand and knows literary conventions enough to mock them. Her bibliography is so extensive that I didn’t know where to start from: first book … 1967. I’ve read about her books and I realize that themes, settings and characters are quite far from my interests… except for two books, which made an alarm bell ring in my head. Well… I’m going to read them in chronological order… the latter being her latest book. I’m not going to reveal more than this!
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