Read it in English
Perché questa volta due libri insieme? La risposta è semplicissima:
entrambi raccontano la meravigliosa avventura della creazione dell’Oxford English Dictionary.
Premessa: l’OED (come viene
solitamente abbreviato) è IL dizionario di riferimento per qualsiasi dubbio
sulla lingua inglese. Attenzione, non intendo un qualsiasi dizionario di
inglese edito dalla Oxford bensì l’opera unica oggi in 20 volumi che aspira a
contenere tutte le parole che compongono la lingua inglese e che elenca per
ciascuna la pronuncia, i diversi significati, ma soprattutto la storia/l’evoluzione di quella parola dalla prima volta che è stata usata fino ad
oggi. Capito adesso perché è in 20
volumi? Credete che sia stata impresa facile? Ovviamente no. L’incredibile e
appassionante storia di questa impresa è racchiusa nei due libri di cui sopra.
Anche se sono stati scritti nell’ordine inverso, io consiglio di partire con The Meaning of Everything e procedere
poi con The Professor and the Madman
(conosciuto anche con il titolo The
Surgeon of Crowthorne). Il primo, infatti, racconta le vicende legate alla
creazione del dizionario, mentre il secondo esplora le vicende di uno dei
bizzarri personaggi che a questa impresa hanno legato i loro destini.
L’idea nacque da un discorso di Richard Chenevix Trench alla
Philological Society, in cui sottolineava le carenze nei dizionari esistenti e
auspicava la creazione di un dizionario di nuova concezione, che avrebbe richiesto
un lavoro filologico-letterario notevole oltre a competenza e professionalità
fuori dall’ordinario. Da quella data al completamento dell’opera passeranno ben
71 anni e quello che sta nel mezzo è tutto da leggere. Molti sono gli aneddoti
interessanti che hanno caratterizzato gli anni di creazione dell’OED, alcuni
divertenti ed altri tristi. Il più particolare di tutti, riguarda la figura di
uno dei maggiori contribuenti al dizionario: un cittadino americano che
scriveva dal villaggio di Crowthorne e che solo successivamente Murray scoprì essere rinchiuso in un
manicomio criminale. La sua storia è raccontata nell’altro libro di Winchester,
The Professor and the Madman ed è
interessante e affascinante quanto la prima.
Nonostante gli studi universitari mi avessero trasmesso la ‘deferenza’
con cui avvicinarsi all’OED, non avevo idea (né tanto meno mi ero posta il
problema) dell’immane lavoro dietro ad esso, né avevo mai indagato su quei nomi
che così spesso ho visto in copertina.
La cosa che mi ha fatta riflettere di più però è stato l’ammontare
incredibile di volontari che hanno partecipato all’impresa. Nonostante i
ringraziamenti contenuti nelle prefazioni di Murray alla prima edizione, alcune
di queste persone hanno davvero lavorato per decenni senza guadagnarci nulla se
non il piacere di aiutare a costruire qualcosa che reputavano importante.
Questo stesso spirito è stato ‘ritrovato’ dagli inglesi recentemente, in
occasione delle Olimpiadi del 2012 ed ha nuovamente reso gli inglesi orgogliosi
di essere tali. Mi riferisco allo spirito di sacrificio con cui migliaia di
persone si sono unite all'esercito di volontari. Ho seguito le vicende di queste
olimpiadi sui quotidiani ed ho assistito ai dubbiosi interrogativi iniziali
circa l’esito: era molto più di una questione sportiva, in ballo c’era l’onore
stesso del Paese, ci si interrogava sull’identità degli inglesi
(Cito dal Guardian: “What exactly is our place in the world? How do we compare to other countries and to the
country we used to be? What kind of nation are we anyway?”). Mentre
l’Inghilterra si interrogava sull’ambivalente sentimento nei confronti di
queste olimpiadi (la popolazione pareva divisa tra cinismo ed entusiasmo), gli organizzatori
operavano un miracolo: nuovamente la
nazione faceva leva sullo spirito volontaristico dei propri abitanti per
portare a termine un’incredibile impresa. Più e più volte i quotidiani hanno
riportato come il successo delle Olimpiadi di Londra sia quasi interamente da
attribuire alle schiere di volontari che sono arrivati da ogni angolo del Paese
per contribuire. Alcuni di questi sono stati impegnati
anche nello spettacolo inziale, sotto la regia di Danny Boyle e per mesi non hanno
potuto svelare il segreto. Hanno poi raccontato di come avevano risposto alla
chiamata, superando delle audizioni e partecipando alla preparazione dello
spettacolo, cosa che ha richiesto mesi di allenamento (qualcuno ha parlato di
120 ore di prove) per trasformare persone normalissime di varie età in
ballerini con una complessa coreografia da memorizzare. Insomma, alla fine il
vecchio spirito inglese ha trionfato superando cinismo e crisi economica.
Ovviamente non sto paragonando la portata dell’OED alle Olimpiadi, mi rendo ben
conto che si tratta di due imprese diverse: quello su cui vorrei focalizzare è
che le Olimpiadi hanno permesso a quello spirito di volontariato che aveva reso
possibile l’OED di risvegliarsi per far constatare a tutto il mondo che era
ancora lì.
Prendo spunto dal film di Pupi Avati per questo album, un doveroso omaggio a coloro che hanno dedicato una vita all'OED: GLI UOMINI CHE FECERO L'IMPRESA.
SIMON WINCHESTER AND THE STORY OF THE OXFORD ENGLISH DICTIONARY
Why two books this time? The answer is very easy: they both tell the wonderful adventure of the making of the Oxford English Dictionary.
Premise: the OED (that’s how it is generally shortened) is THE
dictionary for any doubt on the English language. Pay attention, because I’m
not referring to an English dictionary published by OUP. I’m rather referring
to the unique work in 20 volumes by now which aspires to include all the words
that make up the English language, listing pronunciation, meanings and, above
all, the history/evolution of that word from its first apparition up to now. That’s
the reason why it’s in 20 volumes! No easy task, indeed. The incredible and
riveting story of that enterprise is told in the two books I’ve mentioned
above. My advice is to start with The Meaning of Everything and then go on with
The Professor and the Madman (also known with the title The Surgeon of Crowthorne),
although the latter was written first. The former tells about the events
related to the making of the dictionary, while the latter explores the life of
one of the queer people whose fate was intertwined with the
dictionary/enterprise. The idea was born after a speech by Richard Chenevix
Trench at the Philological Society, in which he highlighted the fact that
existing dictionaries were deficient and he suggested to build a new dictionary. It would be great
a philological-literary endeavour for an extra-ordinarily qualified
expert. From that day up to completion
there would be 71 years and what’s in the middle… you must read it! There are many interesting anecdotes of the
years of the making of the OED, some are funny and others are sad. The most particular
concerns the figure of one of the major contributors to the dictionary: an
American citizen who wrote from the village of Crowthorne. He was an inmate of
a criminal lunatic asylum. His story is told in the other book by Winchester,
The Professor and the Madman and it’s as interesting and riveting as The
Meaning of Everything.
Although during my university studies I had learned to approach the OED
with deference, I didn’t have any idea (nor I ever thought about it) of the
huge work behind it all. I
never investigated about those names on the cover. I’ve been wondering about the incredible amount of volunteers who contributed to the enterprise. Besides Murray’s mention in the prefaces to the first edition, some of them worked for decades with no reward but the pleasure of helping make something important. The same spirit has been recently ‘re-found’ by the British during the London 2012 Olympic Games and has been the cause for national pride. I’m referring to the spirit of sacrifice of thousands of people who ‘joined the army’ of volunteers. As a teacher of English, I paid much attention to the Olympics especially how newspapers covered the event. There were doubts from the beginning as regards the outcome of the Olympics but there was much more at stake than the sport events. It was a question of honour: journalists wondered about British national identity (I’m quoting from The Guardian: “What exactly is our place in the world? How do we compare to other countries and to the country we used to be? What kind of nation are we anyway?”). Whereas Britain speculated about the ambivalent feelings towards the Olympics (people were divided between cynicism and enthusiasm), the organizers were working a miracle: the nation was putting the volunteering spirit of its inhabitants into practice to bring the enterprise to an end. Journalists reported again and again how much the success of the Olympics was due almost entirely to the hosts of volunteers who came from every corner of the country. Some of them were also assigned to the opening ceremony, under Danny Boyle’s direction and for months they couldn’t tell the secret. Only after the ceremony they could tell about how they answered ‘the call’, passed auditions and took part to the show after months of training (some told about 120 rehearsal hours) to learn the complex choregraphy. In the end the old British spirit triumphed over cynicism and economic crisis. I’m obviously not comparing the importance of the OED to the Olympics… I know well they are two very different enterprises… what I’m trying to focus onto is that the Olympics were the occasion for the volunteering spirit that made the OED possible to awake and show itself to the rest of the world.
That's Simon Winchester telling the Whole story: very interesting!
Nessun commento:
Posta un commento