Siamo nella mente di Geoffrey Jomier, un avvocato in pensione, divorziato e depresso che dedica il suo tempo alla registrazione e catalogazione dei suoi ricordi trasferendo il contenuto dei suoi diari sul computer. Scopo: creare una sorta di archivio della sua vita (nella speranza che riordinando e catalogando tutto si possa in qualche modo sistemare anche la sua situazione attuale) ma, soprattutto, identificare il momento esatto in cui il rapporto con sua moglie ha cominciato ad incrinarsi. Solo, triste e amareggiato, passa il tempo a riflettere e riesaminare… in un continuo arrovellarsi che rivela le sue convinzioni per lo più disfunzionali sulle donne (a cui il titolo fa riferimento), ma non solo. Geoffrey è scontroso, scorbutico… un nichilista che ha perso fiducia nell’umanità ed anche in Dio.
Mentre leggevo ho subito pensato a Krapp’s Last Tape (L’ultimo nastro di Krapp) di Beckett: il vecchio Krapp utilizza un registratore e ascolta le registrazioni vocali della sua vita mentre Jomier si affida ad una tecnologia più recente, il computer. Il parallelismo probabilmente vuole restituire l’immagine di un protagonista la cui vita è in standby. Krapp ha 69 anni ed è in attesa della morte: anche la vita di Jomier, nonostante le cene e i rari incontri con qualche amico, sembra a quel punto. Il paragone tra i due è sottile ma chiaro: anche Jomier è ‘sixty-something’ e anche la sua vita è nella fase finale (“A life like a story has a beginning, a middle and an end, and Jomier has now reached those last chapters that drive biographers to their wits’ end. Nothing happens. There is nothing to say.”). D’altronde il suo punto di vista sulla vecchiaia è lapidario: “...moved into a flat… Then to an old people’s home. Then to a hospital. Then to a coffin. Then to a grave.”
Come Krapp, trascorre il tempo a riesaminare il passato, passandolo al setaccio, rimuginando. Ogni evento raccontato è seguito da tutta una serie di domande in qualche modo retoriche… sono i dubbi di Jomier che possono essere riassunti con: le cose potevano andare diversamente? Sembra quasi incapace di interpretare i fatti… o forse spera che siano meglio di quello che sembrano.
Il tradimento della moglie è per lui un chiodo fisso, il filtro attraverso il quale reinterpreta il passato ed anche il presente. Piers Paul Read porta alla luce con questo libro tutta una serie di temi tabù quando si parla di terza età, a partire dalla solitudine, la fatica a comprendere alcuni cambiamenti sociali o epocali, fino ad arrivare all’amore e alla sessualità… senza filtri.
Un critico ha riassunto ironicamente il romanzo con la frase ‘diario di un vecchio bastardo’... che in effetti, ci sta. Io propenderei per ‘Diario di un misantropo domato’... nel senso che non viene guarito ma in qualche modo accetta di addomesticare i suoi impulsi autodistruttivi (non entrerò nei dettagli per non rovinare il piacere di scoprirlo leggendo il libro). Viene in qualche modo a patti con quel Dio la cui esistenza non è certa e anche con la sua vita: una volta compiuta l’opera di digitalizzazione essa perde interesse. Cosa che a Krapp non succede… il parallelo con Krapp funziona come una sorta di fantasma dickensiano, che mostra cosa potrebbe essere, ma il cui solo scopo è redimere… anche se una reale redenzione non c’è.